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CANE MAGGIORE

Canis Major, Canis Majoris

CMa

 

01 - Cane Maggiore (mito)

La costellazione del Cane Maggiore nell'Uranographia di Hevelius (1690).     
Immagine: http://www.atlascoelestis.com

 

La costellazione del Cane Maggiore era chiamata presso gli antichi semplicemente il Cane. Questo perché a sua volta la costellazione del Cane Minore si chiamava Procione, e non c’era pertanto possibilità di equivoco. Il cane simboleggiato in cielo non è univocamente identificato; diversi infatti sono i cani associati a questo gruppo di stelle ma, per la sua collocazione rispetto alle altre costellazioni, è comunemente ricordato come l’amico fedele del cacciatore Orione.

Il poeta romano Manilio infatti lo descrive così:

Gli sta [a Orione] alle calcagna il Cane, disteso in corsa sfrenata,
di cui nessun astro sopravviene più violento alla terra
né più gravoso si ritira.
(Manilio, Astronomica, I, 397-399)

E se osserviamo la tavola di Hevelius (a inizio pagina), il Cane Maggiore è raffigurato al seguito di Orione, di cui sono visibili le gambe e la spada.

Dal mitografo Hygino, apprendiamo appunto che:

Per alcuni (…) era il cane di Orione, per cui, a causa della sua passione per la caccia, anche il suo cane fu messo tra gli astri assieme a lui.
(Hygino, Poeticon Astronomicon)

Presso gli antichi, per i quali astronomia e astrologia erano due discipline ancora fuse, al Cane Maggiore si imputavano effetti violenti sulla Terra; violenti nel senso di a forte impatto. Le parole di Manilio riportate prima ce ne hanno dato cenno e interessante è il rilievo che il poeta dà in tale accezione alla costellazione. Ben sedici versi sono riservati nel I libro al Cane Maggiore, ricordato proprio per la sua potente influenza sulla natura. Riprendendo il verso 399, Manilio lo evoca così:

Ora sorge tra brividi di freddo,
ora abbandona vuota alla vampa solare la volta abbagliante del cielo;
così spinge il mondo in due sensi e produce opposti gli effetti.
Quanti l’osservano sorgere, allorché si ripresenta al suo primo levarsi,
di su le vette elevate della montagna del Tauro,
dichiarano gli esiti vari delle messi e l’evolversi delle stagioni,
quale benessere sopraggiunga, quanto grande concordia sociale.
Guerre suscita e pace riconduce e in modi variati ritornando,
a seconda dello sguardo, così sollecita il mondo e lo governa col suo atteggiamento.
(Manilio, Astronomica, I, 399-406)
 

Ma nel Cane Maggiore il mito ricorda anche la sua stella più brillante, che è anche la più luminosa del cielo. Si tratta di Sirio che in verità, anticamente indicava tutta la costellazione. Quando il gruppo di stelle tramutò il suo nome in quello attuale, Sirio venne chiamata la Canicola, ossia il piccolo cane, dal latino canicula, diminutivo di canis. Da allora, la parola canicola è entrata nel linguaggio comune per alludere a una grande calura o al periodo più caldo dell’anno. Il motivo di tale associazione è astronomico; nel III secolo a.C. infatti, il solstizio d’estate che cadeva nella costellazione del Cancro, coincideva con la levata eliaca di Sirio.

Sirio, o il Cane Maggiore, era dunque nell’antichità una costellazione tutt’altro che insignificante; essa segnava l’inizio dell’estate e con le belle parole del poeta greco Esiodo, vissuto nell’VIII secolo a.C., possiamo assaporare l’arrivo della calda stagione:


Quando il cardo fiorisce e posata su un albero
la cicala canora senza sosta diffonde l'acuto frinire di sotto le ali,
è giunto il tempo della spossante estate;
ben pingui sono le capre e ottimo è il vino.
La femmina è lasciva e fiacco è l'uomo,
ché Sirio asciuga le ginocchia e il capo,
e la pelle è secca per il calore.
(Esiodo, Opere e Giorni, 582-588)
 

Sempre Manilio, che ha dato un contributo poetico notevole alla costellazione, è tutto concentrato a trasmettere il vigore indomabile di Sirio. Egli richiama all’attenzione il potere inaridente considerando le piante e le erbe, e prosciugante considerando il mare sotto il nome di Nettuno:

(…) latra fiamme la Canicola
e imprigiona nel suo fuoco e raddoppia l’incendio del sole.
E come essa appicca alla terra questa fiaccola ed emette i suoi raggi,
lotta il globo contro il suo incenerimento e del destino finale
ha saggio, e langue Nettuno nell’abbraccio delle onde,
e la loro verde linfa defluisce dal bosco e dalle erbe.
Ogni essere vivente ha desiderio di pellegrine contrade
e il mondo sente il bisogno di un altro sé; la natura s’ammala
di propri morbi, oppressa da calure eccessive
e sta pur vivente su di una pira: così gran bollore di tra le stelle
si riversa ed è come se tutte fossero in un unico flusso di fuoco.
(Manilio, Astronomica, V, 207-217)
 

L’importanza di Sirio dal punto di vista astronomico, è da ricercarsi però in Egitto, poiché lì il solstizio estivo coincideva con la crescita del Nilo, a sua volta dispensata dalla dea Iside-Cane e segno dell’inizio del nuovo anno agricolo. Hygino ci riferisce che inizialmente fu Iside a volere Sirio nel firmamento e il nome della stella coincideva con quello della dea egizia. In seguito però, venne chiamata Sirio, per la sua impareggiabile luminosità. La sua etimologia, ancora incerta, sembra essere babilonese e significherebbe Stella dell’arco.

 

 

 


 

 

 

 

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