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AURIGA

Auriga, Aurigae

Aur

 

04 - Auriga (mito)

La costellazione dell'Auriga nell'Uranographia di Hevelius (1690).     
Immagine: http://www.atlascoelestis.com

 

I Greci chiamavano la costellazione dell’Auriga col nome di Enioco, perché in greco cocchiere si dice eniocos, mentre Auriga ne è la traduzione latina.

Osservando la rappresentazione secentesca dell’astronomo Johannes Hevelius (a inizio pagina) però, bisogna ammettere che in queste stelle non è affatto immediato riconoscervi un cocchiere. A questa professione in effetti sono riconducibili soltanto le briglie che stringe nella mano destra ma, per il resto, sono presenti altri soggetti decisamente fuorvianti: una capra si sta arrampicando sulla schiena dell’uomo che, con la mano sinistra, aiuta due capretti a fare altrettanto. Il motivo è che in questa figura convivono due miti distinti fra loro: uno interessa la costellazione nel suo insieme ed è simboleggiato appunto dall’auriga, mentre l’altro riguarda tre stelle della costellazione, ciascuna delle quali è stata identificata con una capra. Quella più grande che si arrampica sulla schiena dell'uomo è Capella che in latino significa capretta, mentre le altre due, più piccole, si dice siano i suoi figli.

Nella mitologia Capella è Amaltea, la capra che allattò Zeus dopo che sua madre Rea lo portò in salvo sull’isola di Creta al fine di impedire che il giovane dio fosse divorato dal padre Crono, come era accaduto per i suoi fratelli. Crono era il signore del mondo prima di Zeus ed era solito ingoiare i propri figli non appena nascevano. I genitori Urano e Gea gli avevano infatti rivelato che un giorno sarebbe stato detronizzato proprio da uno di loro.


La consorte Rea, quando nacque il suo ultimogenito, non sopportò il pensiero che il piccolo facesse la fine degli altri suoi figli e così, appena partorito, lo portò a Creta, ai piedi del monte Ida, affidandone la crescita ai Cureti, dal greco kouros che significa fanciullo. E i Cureti erano infatti fanciulli che, dotati di scudi e lance di bronzo, dovevano danzare fragorosamente attorno al bimbo per coprirne i vagiti e proteggerlo così da Crono. Il nutrimento del pargolo invece spettò a una capra figlia del Sole di nome Amaltea, che col suo latte lo fece crescere. A Crono infine, Rea porse una pietra avvolta in fasce al posto del figlio. Il dio la ingoiò credendo in tal modo di aver salvaguardato il potere. Ma quando Zeus fu cresciuto, si recò sull’Olimpo per vendicare i suoi fratelli. Costrinse allora il padre a vomitare tutti i figli che aveva mangiato, dopodiché si impossessò dello scettro portando così a compimento la profezia di Urano e Gea. Zeus era il nuovo sovrano del mondo e volle ricompensare la capra Amaltea ponendola nel firmamento sottoforma di stella, quella che oggi conosciamo come Capella.

Dietro la figura dell’Auriga invece si celano diversi personaggi mitici, il più famoso dei quali è Fetonte, il figlio di Apollo che, dopo aver preteso di guidare il carro del Sole come prova della sua discendenza divina, non fu in grado di condurlo e, provocato un disastro cosmico, venne folgorato da Zeus per impedire l’annientamento totale della stirpe degli uomini.

Ma come raccontano alcuni mitografi e poeti, nell’Auriga si è voluto celebrare colui che per primo inventò questa professione aggiogando i cavalli al carro da combattimento. Il cocchiere era colui che guidava la quadriga, un carro trainato da quattro destrieri, mentre al suo fianco stava il guerriero impegnato a lottare. In realtà, quest’ultimo di norma preferiva battersi corpo a corpo, cosicché il cocchio era utilizzato prevalentemente per gli spostamenti. Ad ogni modo, l’auriga era un compagno indispensabile per il combattente, egli ne seguiva le direttive, ma doveva anche proteggerlo oppure soccorrerlo o recuperarlo in caso di necessità.

Il mitografo Igino ci racconta che il primo auriga fu Erittonio che, come vedremo, fu allevato da Atena e secondo una versione fu colui che istituì le Panatenee, le feste religiose più importanti della città, sempre in onore di Atena. Si dice che:

Giove lo vide, primo tra gli uomini, attaccare i cavalli ad una quadriga e si compiacque di come l’ingegno umano fosse giunto alla stessa scoperta che aveva fatto il Sole, primo tra gli dèi a servirsi della quadriga.
(Igino, Poeticon Astronomicon)

L’attaccamento di Erittonio ad Atena di cui abbiamo fatto cenno, era motivato dal fatto che in qualche modo ne era il figlio.

Diciamo “in qualche modo” perché Atena è una dea vergine, ma un giorno la sua verginità fu messa in pericolo da Efesto, il dio fabbro che aiutò Zeus a partorire Atena dalla propria testa dove era avvenuta la gestazione. Proprio per questo motivo, il signore degli dèi volle ricompensare Efesto donandogli la figlia. Ma Atena lo rifiutò e così questi:

Preso dalla bramosia le si avvicinò per possederla, ma respinto, sparse il suo seme per terra. Atena, turbata nel pudore, vi gettò sopra con il piede della polvere. Nacque così il serpente Erittonio che prese il nome dalla terra e dalla loro discordia.
(Igino, Poeticon Astronomicon)

Il nome Erittonio deriva dal greco éris che significa discordia e ctòn che significa terra. Il fatto poi che fosse un serpente è una delle versioni del mito, in altre fonti era un bambino. Fatto sta che era “in qualche modo” figlio di Atena, specialmente in virtù del fatto che la dea si preoccupò di salvarne la vita affidandolo alle cure delle figlie di Eretteo, uno dei primi re di Atene.

Atena, dicono, lo avrebbe nascosto in una piccola cesta, così come si occultano i segreti, portandola, per affidarne la sorveglianza, alle figlie di Eretteo e ordinando loro di non aprire la cesta. Ma siccome la natura umana è tanto più avida di scoprire soprattutto quelle cose che vengono proibite, così le fanciulle aprirono la cesta e videro il serpente. Per questo, Atena le rese pazze tanto che si gettarono dall’alto della rocca ateniese. Intanto il serpente si era rintanato sotto lo scudo di Atena e fu da essa allevato.
(Igino, Poeticon Astronomicon)

E infatti, osservando alcune raffigurazioni di Atena, come la riproduzione romana della statua in oro e avorio di Fidia che stava nel Partenone, si può notare che dietro il suo scudo, sta un serpente, mentre sull’acropoli di Atene, oltre al Partenone, c’è un famoso edificio chiamato Eretteo, dove si diceva fosse stato custodito e allevato Erittonio, serpente o bambino che fosse.

La piccola replica romana in marmo, rinvenuta ad Atene e custodita al Museo Archeologico della capitale greca, risale al III secolo d.C. e riproduce in miniatura la colossale scultura della dea, opera del 438 a.C. di Fidia. La preziosa statua era alta oltre dodici metri e fra gli attributi della divinità, si affaccia dal retro dello scudo, il serpente Erittonio.

 

04 - Auriga (mito)

Copia romana in miniatura della statua crisoelefantina di Atena, opera di Fidia del 438 a.C. (Museo Archeologico di Atene, III sec. d.C.).    
Immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:NAMA_Ath%C3%A9na_Varvakeion.jpg

 

Contemporanea del capolavoro di Fidia è invece la kylix attica a figure rosse attribuita al Pittore di Codrus che raffigura la nascita di Erittonio secondo la versione che lo vede sotto sembianze umane. Gea, la Terra, da cui il bambino ha avuto origine è anch'essa raffigurata sotto forma antropomorfa e che sia la Terra si capisce dal fatto che la donna emerge in parte dal suolo. Ella porge il piccolo ad Atena che lo accoglie fra le braccia. Il vaso è custodito all'Antikensammlung di Berlino.

 

04 - Auriga (mito)

Kylix attica a figure rosse attribuita al Pittore di Codrus raffigurante la nascita di Erittonio (Antikensammlung di Berlino, 440 a.C.).
Immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:NAMA_Ath%C3%A9na_Varvakeion.jpg

 

Per la devozione alla dea, figlia di Zeus, e per aver inventato, primo della stirpe degli uomini, la quadriga, il Signore dell'Olimpo volle ricordarlo ponendolo nell’eternità di una costellazione. E con le parole del poeta latino Manilio, ci possiamo disporre ad apprezzare meglio la duplice storia di una manciata di stelle che, eccezion fatta per la circumpolare Capella, ci accompagna durante le notti d’autunno fino a quelle di primavera.

Poi, portando il suo passo vicino al Toro dalla zampa piegata,
va l'Auriga, a cui la sua attività ottenne e denominazione e cielo,
che per primo sull'alto carro da tiro a quattro cavalli
Giove scorse in volanti manovre e consacrò sulla volta celeste.
Gli stanno addosso i Capretti, stelle che chiudono le vie del mare,
e la Capra, famosa per avere nutrito il re dell'universo,
che dalle sue poppe ascese al grande Olimpo
crescendo dal latte ferino ai fulmini e alla potenza del tuono.
Dunque per debito merito la consacrò tra gli astri eterni
Giove, e il cielo ripagò con il compenso del cielo.
(Manilio, Astronomica, I, 362-371)
 


 

 

 

 

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